PETER EISENMAN
Roma 06/06/2002


Peter Eisenman ebbe la fortuna di poter lavorare agli inizi della sua luminosa carriera ad una serie di progetti di case che potremmo dire sperimentali per clienti facoltosi ai quali interessava un’abitazione più che funzionale particolare ed unica.
House 2 è un momento importante delle case in cui sviluppa un’architettura critica di Terragni con idee di erosione, esplosione ed implosione.

Questi progetti nascono sul finire degli anni ’60 in cui c’è un fenomeno generale di ricerca di sovrapposizione con altre attività più attinenti al mondo dell’arte e della filosofia. Si teorizza un approccio tipico del fare architettura degli anni ’70, codificato grazie ai New York Five, in cui questa diventa come un testo, si parla di “linguaggi”, “ valori”,..., tutto ciò che all’intorno diviene perciò pre-testo o meglio pretesto. In questo momento è l’architettura americana a farla da padrone, ed Eisenman ne è uno dei maggiori esponenti portando all’estremo questa tendenza con la realizzazione di case invivibili alle quali è sempre affiancata una teoria giustificatoria, quasi pubblicitario.
Nel 1977, con House 10, cambia strada ritornando ad un ragionamento critico dell’architettura ed entra forte il concetto del sito, del contesto. Qui ragiona su un sistema quadripartito a croce, sul modello già sperimentato da Wright e Terragni, in cui i quadranti sono autonomi sia dal punto di visto funzionale che formale, lavorando questa volta sull’aspetto materico.

Purtroppo, nonostante i grandi sforzi compiuti, non riesce a far si che il progetto divenga realtà e a causa di questo e non solo, entra come tutti gli architetti americani in analisi. In questo periodo il risultato è un ragionamento su il movimento della trivellazione, dello scavare, di composizioni in parte emerse ed in parte sommerse. Siamo verso gli inizi degli anni ’80, nell’83 relizza l’Ultima casa, in cui i suoi progetti non sono fatti per essere realizzati, ma solo per diventare delle sculture.

Nel 1983 avviene il cambiamento nell’architettura e più in generale nella società, entra con prepotenza il “contesto”. Nasce il movimento del post-moderno che rivolge un’attenzione particolare alle maglie, alle strutture, alle configurazioni già esistenti in cui quindi l’architettura non vuole più essere costantemente esposta, all’avanguardia. Ci si muove verso i sistemi tradizionali del fare architettura, spinti da un forte storicismo, riscoprendo timpani e decorazioni che  si allontanano da temi astratti.
Questi mutamenti colpiscono e spiazzano Eisnman ed il suo modo di fare architettura, gettandolo in una crisi dalla quale poi rilanciarsi. Ragiona sul contesto inteso non come patrimonio dato, ma come campo d’indagine critica e cioè come palinsesto, rientrando così in gioco con un lavoro di rintracciamento delle maglie originali dello stesso.
Il primo progetto in cui indaga questo campo è l’Ampliamento di una galleria, in cui lavora su delle mappe storiche da cui si cercano delle linee forti o dei punti importanti, creando così una tessitura di relazioni come base progettuale in cui costruzioni e spazi verdi fanno parte di un unico disegno e non vengono più trattate come due cose distinte.
Attraverso questo percorso Eisenman riesce ad uscire dal tunnel ed ad inserirsi nel dibattito attuale decidendo anche di smettere con il concepimento di soli progetti concettuali per indirizzarsi verso la realizzazione di questi. La rinascita parte dal progetto per l’IBA a Berlino nel quale rispetta i dettami del post-moderno. Ci sono infatti degli edifici già esistenti nell’area progettuale che lui unisce con percorsi derivanti da logiche del contesto ed altre sue logiche estremamente personali. Alcune di queste logiche sono riscontrabili non solo nella pianta, ma anche nelle facciate.

Intorno alla fine degli anni ’80 Eisenman inizia un periodo di ricerche che si potrebbe definire delle “associazioni pertinenti o metaforiche” nel quale nascono delle forme analoghe a quelle delle associazioni bouleane. Per un Centro di ricerca biologico decide una strutturazione che si rifà alle regole del DNA; si interessa poi all’in-between , al fare l’architettura fra le cose, come nelprogetto per un Campus americano in cui decide per sua scelta di andare a realizzare gli edifici fra quelli esistenti.
Un’altra operazione è quella di “oscillazione o vibrazione” della forma, riscoprendo, dopo 70/80 anni, temi che furono cari in particolare al Futurismo italiano come Dinamismo di un cane al guinzaglio di G. Balla del 1912. Progetta, ma non realizza, Casa Guardiola con pianta ad L che fa vibrare sia in pianta che in sezione, rientrando comunque nelle operazioni bouleane; come nelle case degli inizi anche qui si dà una lettura contestuale critica rivolgendosi al contesto ed in particolare alle tracce che il mare lascia sulla sabbia.

Nella progettazione della Scuola di Architettura usa tutte le tecniche, unisce forme curve e forme rettilinee e genera linee e tracce concettuali. Il progetto è tenuto insieme dalla galleria centrale che ha natura piranesiana, ricca di avvenimenti derivati dalle oscillazioni del metodo progettuale.

Dopo tutto ciò c’è l’opera chiave, la Chiesa del 2000 per Roma, un edificio inteso come movimento paesaggistico pensato con la consapevolezza del sistema informatico.